La mindfulness è in grado di educare la nostra consapevolezza per predisporre ad una maggiore flessibilità cognitiva e regolazione emotiva e migliori relazioni con il mondo.
Per avvicinarci e comprendere appieno il concetto di consapevolezza può essere utile approfondire un concetto in opposizione alla mindfulness. È stata definita “mindlessness” e indica l’insieme di stati mentali dei quali non siamo realmente consapevoli. Uno stato in cui la nostra mente non è consapevole di quanto ci stia avvenendo e in cui il processamento delle informazioni contenute nel momento presente non viene assorbito in maniera cosciente. Nella “mindlessness” la mente vive senza fare scelte consapevoli, ossia vive con il “pilota automatico”, creando scenari complessi della realtà, dando vita ai rimugini sul passato e ai viaggi nel futuro e ignorando al tempo stesso i segnali che provengono dagli stati corpo: emozioni e sensazioni. La “mindlessness” ci spinge a vivere in modo condizionato, automatico e senza una visione realistica della realtà e delle relazioni che abbiamo con il mondo.
Al contrario di questa modalità, la mindfulness ci aiuta ad operare nel presente attraverso un processo attivo di integrazione delle informazioni. In questo senso, consapevolezza significa portare volontariamente l’attenzione sulle sensazioni corporee ascoltando il proprio corpo, il quale non è un mero recipiente di informazioni, bensì un elemento costitutivo della mente stessa.
La consapevolezza è perciò un processo possibile grazie allo spostamento volontario dell’attenzione che opera mettendo in relazione l’ambiente (il mondo esterno), il corpo e i processi mentali che per l’appunto elaborano tali informazioni.
La chiave della consapevolezza risiede pertanto nel volontario indirizzo dell’attenzione dalla mente al corpo, ma ancora, e dopo molta esperienza come meditatore, dal corpo all’esperienza mentale.